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CORONA VITTORIO
 
ARTISTA OPERE MOSTRE IN ASTA
 

Palermo,1 Gennaio 1901 - Roma, 5 Ottobre 1966 “un grande pittore futurista capace di fare quello che vuole” come lo definì Marinetti in un’intervista rilasciata a Brancati nel 1928, di cui nel 2001 è ricorso il centenario della nascita, ha pure un suo particolare modo di interpretare il Futurismo guardando soprattutto a Boccioni e a certa Metafisica di Carrà e di De Chirico: a Corona interessa la cinesi, il dinamismo in atto, sin dai suoi primi esercizi, anteriore agli anni ’20, sul treno o sull’aereo, che ne fanno uno degli antesignani dell’aero-pittura, esercizi presenti anche in alcuni degli acquerelli e tempere venuti alla luce. (…) Alcune icone risultano più efficaci nella resa, altre più piatte e incerte nel segno, ma tutte rivelano l’intenso studio e il momento di passaggio dell’arte di Corona da un’inevitabile imitazione di elementi ormai canonici del futurismo classico ad un futurismo più personale, quale si affermerà nelle grandi tele degli anni 1924-1927 (Onda marina + sirena del mare, La caduta delle stelle, Armature d’amore, etc.). Altre immagini anteriori rimandano ad una simpatetica attrazione finora non emersa nelle sue opere più note, per la metafisica di Carrà e De Chirico, coeva a quella per i maestri classici del Futurismo, Boccioni e Balla. Le sagome dei manichini-atleti e la violenza cromatica (giallo, verde, rosso, nero) che inonda e spezzetta i corpi rivestendoli quasi di tute arlecchinesche, che li fanno vibrare, dando contemporaneamente fuoco e ritmo allo spazio circostante, eccitano con le loro note apparentemente dissonanti la captazione visiva sulla planimetria d’insieme, solo a poco a poco facendo padroneggiare l’immagine nei suoi particolari e consentendo di leggerla dettagliatamente. (…) Dominano quadrati, triangoli appuntiti, trapezi riempiti di una fantasmagoria cromatica, che crea oscillazioni e vibrazioni luminose e dinamiche sulla superficie pittorica, un’alchimia di colori che nelle immagini più riuscite, Corsa ad ostacoli, Corridore, Discobolo, Bugatti , allertano i sensi e sorprendono per l’intensa carica di fisicità che emanano. (…) Altro topos che ritorna in queste carte svelate è quello della macchina, sia nella sua versione già documentatissima dell’aereo, sia in alcune particolarissime icone che fanno riferimento alla realtà industriale isolana come la macchina spremi-agrumi e la macchina tessitrice. A Corona non interessa qui tanto la raffigurazione del movimento del motore, quanto la fascinazione dell’oggetto-macchina nella varietà e complessità dei suoi ingranaggi, statico in sé, ma sollecitante strumento di suggestioni pittoriche. Vittorio (1901-1966). 1901 Vittorio Corona nasce a Palermo in Via Candelai n. 59 il 1° gennaio da Vittorio e Virginia Varvaro. All’età di 3 anni rimane orfano di padre e trascorre la sua prima infanzia con la madre e le due sorelle. 1905 -1913 Frequenta le scuole elementari all’Istituto Don Bosco e quindi il ginnasio come alunno interno presso il Collegio San Rocco. 1913 – 1919 Durante le vacanze frequenta lo studio di Giovanni Varvaro, cugino della madre, cui è affidato il compito di valutare la sua propensione al disegno per avviarlo agli studi artistici. Inizia a dipingere con grande passione e apprende il mestiere di pittore. Introdotto nei circoli artistici della città, conosce, tra gli altri artisti, Pippo Rizzo. Espone al Circolo artistico e all’Associazione della Stampa di Palermo alcune opere. Una di queste è il quadro vento + orologio + chitarra + mandolino + canto + applausi di una serata siciliana estiva col chiaro di luna e un continuo latrare di cane tenuto alla catena, “fatto d’impeto, il cui colore era addirittura spremuto sulla tela”, come scrive l’autore stesso nel suo diario. Un’altra opera è Fuochi d’Artificio, anch’essa citata nel diario , “molto ardita di colorazione in uno sfondo di cielo notturno trasparentissimo e vario, il colore sempre spremuto sulla tela”. Il suo modo di dipingere antitradizionale, la sua originalità e audacia nel tratto cominciano a essere molto apprezzati. 1919 – 1925 Frequenta fino al ’22 l’Accademia di Belle Arti di Palermo, conseguendo anche l’abilitazione all’insegnamento del Disegno. Organizza una piccola mostra personale a Villa Gallidoro, sempre a Palermo. Nel 1922 partecipa alla 1ª Esposizione Giovanile promossa dalla Permanente di Belle Arti di Palermo, con Madonna in Festa, Danzatrici, Tentazione+preghiera e altre. E’ premiato con medaglia d’argento per Danzatrici. Ottiene la medaglia d’oro alla Rassegna di arti figurative di Messina. Nel 1924 partecipa alla Mostra dei Giovani Artisti al Teatro Massimo di Palermo con la prima versione de La Caduta delle Stelle, Tumulto, Foemine, Occhio del Navigante Notturno, Divinità terrene. Nel 1925, alla Mostra d’Arte Primaverile Siciliana a Palermo espone la versione definitiva de La Caduta delle Stelle, Testa di Santo Francesco e un certo numero di acquerelli. La Caduta delle Stelle suscita entusiastico e ammirato consenso da parte di Marinetti e Balla. Conosce Gigia, una giovane venuta a trovare la sorella sposata e residente a Palermo. Quando Gigia ritorna in Friuli, il pittore inizia una fitta corrispondenza con lei, comprendente un’innumerevole serie di Lettere futuriste e crea per lei lettere futuriste decorate su pezzi di stoffa. 1926 L’8 luglio si sposa a Manzano (Udine) con Gigia e con lei viaggia da Venezia a Roma, da Napoli a Palermo in luna di miele. Prende parte alla Mostra Collettiva di Villa Gallidoro a Palermo ed espone diverse opere, tra cui Palme e Vegetazione, Isterismo, Raffiche di vento, Ascesa. Lavora a Palermo presso l’Ufficio Tecnico di Arredamento Navi della Ditta Ducrot per qualche tempo, ma presto lascia questo posto per una scuola serale del Comune di Palermo per potersi dedicare all’arte con più libertà e tempo. Invitato alla XV Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia, espone con successo La Caduta delle Stelle e Armature d’amore. .Partecipa, nella sezione futurista, alla Mostra Die Abstrakten di Berlino e, ancora con i futuristi, espone a Barcellona varie opere, tra cui Palme e Vegetazione. “Il 1926 segna la piena collocazione di Corona nel nuovo Futurismo Italiano, il cosiddetto Secondo Futurismo, e la sua attività è molto intensa…” (Enrico Crispolti, Vittorio Corona attraverso il Futurismo, Celebes 1978). 1927-1930 Partecipa alla Grande Mostra di Pittura Futurista di Bologna, alla Quadriennale di Torino, alla Mostra del Futurismo a Genova e alla Mostra d’Arte Futurista Nazionale di Palermo, organizzata dal Gruppo Futurista Siciliano al circolo Il Convegno, dove espone nove opere, tra cui Dinamismo aereo, Il Duce, Marinetti, Aeroplano Tricolore, Il Vulcano e alcuni arazzi eseguiti a mano dalla moglie sulla base di suoi bozzetti. Gigia espone con il marito arazzi decorativi come Natura Vivissima, Canto di bicchieri italiani, Raffica di vento, Fuochi d’artificio, La Fattoria, Danza Futurista, eseguiti con il panno su disegni e bozzetti tracciati dal marito. In questo periodo realizza Supermarino, svariati bozzetti per oli, per arazzi, per cuscini e partecipa a quasi tutte le mostre sindacali della Sicilia assieme a Varvaro e Rizzo, con cui costituisce il “triangolo siciliano d’avanguardia”. Il 16 dicembre 1927 nasce il primo figlio, Vittorio, “tra colori, tele e arazzi…”, come dice il pittore nel suo Diario. Nel 1928 è invitato alla XVI Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia, espone Dinamismo Aereo, Onda marina + sirene del mare e alcuni bozzetti nella sala dei Futuristi. A Taormina, alla Mostra Internazionale d’Arte Decorativa, espone, in un contesto di arredo futurista ideato con Pippo Rizzo e Varvaro, il quadro Palme e Vegetazione. A Palermo tiene una Mostra personale al Circolo della Stampa, con oli e acquerelli di ispirazione intimistico-lirica realizzati in Friuli, dove trascorre l’estate con la famiglia. La mostra riscuote notevole successo ed è accolta con sollievo da parte della critica “tradizionalista”. Viene acquistata in toto (circa 60 opere), da un amatore che si impegna a inaugurargli una personale a New York. Infatti, qualche mese dopo, giungono al pittore articoli entusiastici sulla sua arte, avendo il compratore organizzato la mostra, come promesso, il 25 marzo 1929 alla Guarino Gallery di New York. Insegna decorazione nelle scuole tecnico-artistiche di Palermo dal 1929 al 1933. Il 29 aprile 1929 nasce la sua seconda figlia, Virginia. A maggio si tiene la II Mostra del Sindacato Artistico Siciliano e le opere esposte sono Onda marina+ sirene del mare, L’Uomo Antidiluviano, Dinamismo aereo, Supermarino, Danzante, Foot-ball e disegni. Il 20 dicembre 1929 tiene un’altra mostra personale al Circolo Artistico di Palermo ed espone circa 50 opere, prevalentemente acquerelli. Ha intensi rapporti con Marinetti, Fillia, Balla, Dottori. Nel 1930 partecipa alla XVII Biennale di Venezia (Sala Futurista) esponendo Raffiche, Supermarino, Isterismo. 1931-1933 Partecipa alla I Quadriennale Nazionale d’Arte a Roma (gennaio-giugno 1931) con l’Antidiluviano e Giocatori di palla, alla Mostra d’Arte Futurista a Firenze e il 12 maggio 1931 alla Mostra d’Aeropittura nel ridotto del Teatro Paganini di Genova. Realizza Nudo mistico, La moglie del pescatore. Partecipa alla III Mostra organizzata dal Sindacato degli artisti siciliani a Palermo (gennaio- giugno 1932) e le opere esposte, tra cui Nudo mistico, sembrano segnare il distacco dal futurismo. Nel maggio-giugno 1932 alla Galleria del Milione di Milano di via Brera, Corona, insieme a Castro, Giarrizzo, Guttuso, Bevilacqua e Lazzaro è uno dei sei pittori siciliani in mostra. La Galleria d’Arte moderna di Milano acquista due sue opere.. Realizza La Pace cerca gli occhi d’Europa, Sorelle Latine riflettete, Strapaese, Tempi di ferro, Campagnolo, Fiori e colomba, Rocce nude. Nel 1933 soggiorna qualche tempo a Roma per organizzare, presso la Galleria d’Arte di Roma, in Via Veneto, la sua mostra personale che si apre il 3 marzo, con discorso inaugurale del Ministro dell’Educazione Nazionale. Tra le opere esposte vi sono: Tempi di ferro, Strapaese, La Pace cerca gli occhi d’Europa, Sorelle latine riflettete, Fanciulla egizia, Dormiente, Fanciulle nel prato, Famiglia, Rocce nude, L’attesa, Nudo mistico, La moglie del pescatore, Istitutrice, Friulana, Contadino, Giocatore di calcio, Ritmo, Fiori e Colomba. Partecipa alla I Mostra Interregionale del Sindacato Nazionale a Firenze (aprile-maggio 1933). 1934-1937 Decide di dedicarsi all’insegnamento, accetta la nomina presso l’Istituto tecnico industriale di Vibo Valentia in Calabria e lascia Palermo.. Invitato, partecipa alla XIX Biennale Internazionale di Venezia dove espone una china acquerellata Testa di giovane. Il 5 dicembre 1935 nasce la terza figlia, Maria Luisa Elica Ala. Vive dipingendo e lavorando a Vibo Valentia come insegnante di materie artistiche. Dipinge innumerevoli acquerelli e oli, lontano dal clamore e da ogni esposizione. Realizza numerose chine acquerellate sullo sport (nuoto, lotta, calcio, corsa,..). A questo periodo risale anche una grande Gigantomachia ad acquerello che forse costituiva un bozzetto per un grande olio mai realizzato. L’opera con il titolo “Gigantomachia, Zeus e i tre giganti” (inedita) appare in una copia-elenco di disegni presentati per il concorso a cattedra, cui partecipa nel ’37. 1937-1939 Accetta una supplenza presso l’Istituto Tecnico Principe di Piemonte di Merano e si trasferisce là con la famiglia. Dopo venticinque giorni di lezione giunge il titolare e quindi decide di occupare il posto lasciato vacante da questi e parte per Acqui Terme, riunendo qui la famiglia alla fine dell’anno scolastico, nel giugno del 1938. La nomina è per la Scuola d’Arte serale, ma ottiene il permesso di insegnare in altri tre istituti, due della città e uno a Nizza Monferrato, per circa quaranta ore settimanali di lezioni. Ad Acqui Terme si dedica a promuovere la Scuola d’Arte, che riuscirà a trasformare in Istituto d’Arte, e insegna materie artistiche nelle altre scuole, con grande impegno e professionalità, chiudendosi nel suo lavoro creativo senza comunicare con alcuno. Non abbandona però i pennelli ed è sorprendente la quantità di opere prodotte nei diciotto anni di vita piemontese (oli, disegni, studi, matite, tempere). 1940-1945 Nascono altri tre figli: Mariarosa, Ettore e, sotto i bombardamenti, Maria Teresa, la sesta figlia.. Il pittore realizza, tra l’altro, grandi pannelli sul tema della II guerra mondiale, componendo insieme circa 60 fogli acquerellati. (inediti) che sembrano costituire gli studi per la realizzazione di grandi quadri ad olio sulla guerra. I bombardamenti distruggono la sua casa di Palermo e svariate opere futuriste, alcune di dimensioni imponenti, vanno perdute nel crollo dello studio d’arte del pittore. 1946-1956 Nell’immediato dopoguerra, sempre ad Acqui Terme, si dedica soprattutto all’olio, con ritmo intenso e febbrile e le opere realizzate dal ‘46 in poi sono di forte realismo espressionista. “…Come se tutta l’amarezza di vivere, il tormento, si fossero raggrumati entro la pittura, che rifiuta ora le trasparenze e si fa spessa, a paste alte, dura, spietata, dal colore violento..” (Eva.di Stefano, Vittorio Corona, Sellerio, 1985). Tra le opere realizzate in questo periodo vi sono: Giovanni, Il libraio, Autoritratto agitato, Gigia in rosa, Anguria, Gigia, Riposo, Mariarosa, Maria Teresa, Ettore, Forme costruttive, La Famiglia al completo, Autoritratto con moglie e figli, e molte altre. Esegue un bozzetto policromo composito (inedito), dal titolo Donne e cavalli, per un’enorme tela a olio, mai completata, di cui restano numerosi e significativi frammenti. A questo periodo risale anche la serie di disegni acquerellati raffiguranti vivaci Danze erotiche. Nel 1951 realizza quattordici stazioni della Via Crucis a matita (inediti), che costituiscono un primo accostarsi del pittore al tema della Passione di Gesù. Nel 1952 dipinge altrettanti acquerelli sullo stesso tema, la Via Crucis, in chiave espressionista. Negli anni ’50 il pittore intraprende la ricostruzione delle principali opere futuriste, distrutte dalle bombe nel suo studio di Palermo, muovendo dagli originari bozzetti, reinterpretandole con una certa libertà anche nelle dimensioni delle tele. Immerso in un ormai inconsapevole e istintivo neo-futurismo realizza anche quelle opere che mai erano approdate agli oli e di cui conservava gli abbozzi d’epoca. Nel 1954 tiene una mostra personale presso il Salone Grande Albergo Nuove Terme di Acqui, comprendente circa trecento opere (oli, tempere, acquerelli, disegni). Questa mostra è un affettuoso tributo della città a un suo cittadino d’elezione e nel contempo un riconoscente addio alla città dall’artista che già pensa a trasferirsi a Roma. Ancora nel 1954 partecipa alla mostra Premio di pittura “Antonietta Capitini”, a Milano, con l’olio La Madre ed espone anche alla mostra “Premio Suzzara”. 1956-1966 Si trasferisce a Roma come insegnante titolare della Scuola d’Arte, poi Istituto, di Marino Laziale con tutta la famiglia. Partecipa sporadicamente a qualche rassegna d’arte. Il 12 giugno 1956 tiene una mostra personale alla Galleria in Via del Vantaggio, con la calda e sincera presentazione di Renato Guttuso, suo antico compagno d’arte, ed espone una ventina di acquerelli del ‘37-’38. Nel 1958 realizza quattordici oli di grandi dimensioni (inediti) che costituiscono l’esito finale della Via Crucis , cui evidentemente tendeva fin dalla primitiva ideazione. Nel 1959 partecipa alla Mostra del Futurismo, organizzata dall’Ente Premi Palazzo Barberini, Roma, dove espone la nuova versione di Onda marina. E’ presente anche alla VIII Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma con La Governante e Fanciulla sul prato. Nel 1963 partecipa alla IV Rassegna di Arti Figurative di Roma e del Lazio al Palazzo delle Esposizioni ed espone l’olio La Carrozzella. Realizza Danza zingaresca, un olio su tela basato su un antico bozzetto e Cavalli in corsa. Nel 1965, alla V Rassegna di Arti Figurative di Roma e del Lazio al Palazzo delle Esposizioni è presente con Scambio, Velocità, Il Trenino.. Queste opere neo-futuriste segnano “un nuovo impegno in modi di tradizione futurista. E i risultati sono appunto di forte accento immaginativo e di elaborazioni molto originali” (E. Crispolti, Vittorio Corona attraverso il futurismo, Celebes, 1978) Continua a lavorare, ma la sua salute si fa precaria a causa di crisi cardiache. Spera in un trasferimento della sua cattedra da Marino a Roma. 1966 Elettrocuzione, la sua ultima grande tela a olio, ispirata all’esecuzione sulla sedia elettrica di Chessman, chiude il percorso artistico del pittore. I brillanti bagliori dei Fuochi d’Artificio, metafora futurista della festa della vita, con cui l’artista apre la sua provocatoria avventura artistica, diventano le tristi e sinistre scosse di Elettrocuzione, metafora neofuturista del dolore e della morte. Crispolti conclude il suo libro su Vittorio Corona, affermando che “la sua personalità artistica, inquieta ed anche per certi aspetti disperata, ne esce complessivamente caratterizzata da un modo di tendenza al Futurismo, attraverso il Futurismo”. Il 5 ottobre 1966 il pittore si spegne serenamente, circondato dall’affetto dei suoi familiari, a casa, per una crisi cardiaca.

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