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BEUYS JOSEPH
 
ARTISTA OPERE MOSTRE IN ASTA
 

Joseph Beuys (Krefeld, 1921 - Düsseldorf, 1986). Nasce a Krefeld nel 1921, ma diceva essere nato a Kleve. In gioventù frequenta la Hindenburg-Oberschule di Kleve e aderisce al nazismo entrando nella Hitler-Jugend (Gioventù hitleriana). Lo scoppio della seconda guerra mondiale lo vede arruolarsi nell‘aviazione, in un primo momento come operatore radio e successivamente come aviatore. Nel 1943, in seguito all‘abbattimento del suo aereo in Crimea, viene salvato dall‘intervento di un gruppo di nomadi tartari che, trovatolo moribondo, lo curano facendo ricorso alle antiche pratiche della loro medicina. Tale esperienza è stata determinante per il percorso creativo dell‘artista, segnato dalla ricerca di un‘armonia superiore tra uomo e natura che spingerà molti critici ad attribuirgli l‘appellativo di "sciamano" dell‘arte. Nel 1944 è fatto prigioniero dagli inglesi nelle mani dei quali rimarrà fino alla fine del conflitto. Le vicende legate alla guerra segneranno profondamente la vita dell‘artista che nella seconda metà degli anni ‘50 cade in una profonda crisi interiore che supererà grazie all‘aiuto degli amici Hans e Franz van der Grinten. In questo contesto il progetto del monumento commemorativo dei caduti in guerra a Brüderich assume una funzione quasi catartica. Nel 1959 sposa Eva Wurmbach. Di formazione cattolica, Beuys aderisce in un secondo tempo alla antroposofia di Rudolf Steiner. Nel 1961 ottiene la cattedra di scultura monumentale alla Kunstakademie di Düsseldorf che aveva frequentato come studente subito dopo la guerra seguendo i corsi di Josef Enseling ed Ewald Mataré. Insieme a George Maciunas e Nam June Paik partecipa a Copenaghen, Londra e Wiesbaden ai primi eventi legati al gruppo "Fluxus", un gruppo di artisti europei e americani uniti dal desiderio di ricreare il senso dell’arte in rapporto alla sua fruizione sociale. Nel 1963 organizza presso la Kunstakademie di Düsseldorf il Festum Fluxorum Fluxus. Negli anni ‘60 Beuys si dedica alla creazione di oggetti-sculture-installazioni, derivanti da operazioni artistiche finalizzate alla sollecitazione di una coscienza critica nel pubblico. Nel 1964 inaugura la lunga serie delle "Azioni": Der Chef, Das Schweigen Marcel Duchamps wird überwertet; ... und in uns ... unter uns ... landunter e Wie man einem toten Hasen Bilder erklärt (1965); Eurasia e ... mit Braunkreuz (1966); Manresa, Hauptstrom, Der Stahltisch/Handaktion, Iphigenie/Titus Andronicus (1969); I like America and America likes me (1974). Beuys durante una delle sue esibizioni a Perugia nel 1980Molto noto negli Stati Uniti, Beuys diviene amico ed estimatore di Andy Warhol che può essere considerato, in un certo senso, la sua antitesi ideologica ma anche l‘artista che, insieme a lui, compendia le linee fondamentali dell‘arte visiva del secondo dopoguerra. Fra i tanti artisti, operatori culturali e critici italiani con cui ha lavorato ricordiamo Alberto Burri, Lucrezia De Domizio Durini, Italo Tomassoni, Arturo Schwarz, Gian Ruggero Manzoni, Achille Bonito Oliva, Germano Celant. Sensibile da sempre alle tematiche ecologiste, Beuys ha dato un contributo essenziale alla fondazione del movimento dei Verdi in Germania. Nel 1982, invitato a partecipare alla settima edizione della grande esposizione "documenta" che si svolge ogni cinque anni nella cittadina tedesca di Kassel, egli ha espresso tale sensibilità con una delle sue opere più suggestive: "7000 querce". Non si tratta di una scultura tradizionale ma di un grande triangolo posto davanti al Museo Federiciano e composto da 7000 pietre di basalto, ognuna delle quali "adottabile" da un potenziale acquirente. Il ricavato della vendita di ogni pietra è servito nel corso degli anni a piantare una quercia. L‘operazione, terminata ufficialmente nel 1987, un anno dopo la morte dell‘artista, deve in realtà essere ancora ultimata, dal momento che occorreranno circa trecento anni prima che le 7000 querce diventino il grande bosco immaginato da Joseph Beuys il quale, però, oltrepassando addirittura i limiti temporali della sua stessa esistenza, è riuscito a trasformare un’azione ordinaria e spesso banalizzata come quella di piantare alberi in un grande rito collettivo capace di evocare i significati più profondi del rapporto fra l’uomo e la natura.

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