Ha seguito la scuola d‘arte e i corsi dell‘Accademia di Firenze, impadronendosi del disegno e di tutte le tecniche pittoriche compresa l‘incisione, l‘affresco e la scultura. Stimata ed incoraggiata prima da Pietro Annigoni e poi da Bruno Saetti, suoi maestri, ha realizzato oltre 50 esposizioni personali. Ha eseguito molteplici lavori (affreschi) a soggetto religioso in chiese e edifici pubblici. Ha ritratto in pittura o in bronzo personalità del mondo diplomatico internazionale. Risiede a Firenze e lavora, prevalentemente, nel suo studio di Grosseto. Il paesaggio non rimanda più al tormentato mondo interiore dell‘artista, abitato da pulsioni emozionali, ma diventa lo specchio del passaggio dell‘uomo. Gli oggetti sono inermi solo in apparenza; in realtà si contendono uno spazio nel quale lasciare un‘ultima traccia di sé, prima della dissoluzione. Si accumulano uno sopra l‘altro portando il retaggio dei loro usi e il riferimento all‘uomo che li ha prodotti, forgiati, usati e abbandonati. Tuttavia, l‘artista distilla la poesia dalle situazioni estreme e meno favorevoli. Le nature morte nascono da incontri casuali. Lea Monetti ha scelto coraggiosamente di seguire la propria ispirazione irrequieta. La sua pittura, nel tempo, si è spostata dagli interni borghesi, agli esterni, ai paesaggi scossi da un ineleggibile interrogativo sui destini dell‘uomo. La figura umana si impone in scultura rappresentando la femminilità, modulando la linea con dolcezza, creando un‘armonia formale di calda classicità. La vita entra, comunque, nella scultura anche attraverso l‘implacabile avanzata degli oggetti. Nelle sue opere l‘artista non giudica ciò che vede, ma lancia un allarme con dolorosa preoccupazione. Melanconia e nostalgia si mescolano con l‘ansia.